lunedì 22 maggio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 66. La Contea di Cervia e il Kennedy Compound

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Ai tempi dello Stato Pontificio, i Papi erano soliti ripetere che Roma otteneva più reddito dalla piccola Cervia che da tutto il resto della Romagna.
Roma plus habet de parva Cerviola quam de tota Romandiola.


Contesa tra il Papato di Roma e l'Arcivescovato di Ravenna, fedele all'Imperatore, la Contea di Cervia, così come le sue preziosissime saline, le pinete aromatiche, le dune costiere e i porti, era già nota prima di diventare una meta turistica, a causa del particolare tipo di sale prodotto, a minore contenuto di sodio, e pertanto chiamato "sale dolce".
Gli abitanti, che inizialmente vivevano in mezzo alle saline, fondarono la città nuova, fortificata, nel Settecento.

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Il nuovo centro storico, più vicino al mare, portò allo sviluppo della Darsena, dei cantieri navali e dell'attività di pesca, che si aggiunsero a quella dei salinari.
Soltanto nel Novecento incominciò lo sviluppo del turismo e comparvero le prime ville in stile liberty lungo la via Roma che conduceva dal centro al lungomare, presso cui era stato costruito un Grand Hotel col tipico aspetto floreale Art Nuveau di quelli della Belle Epoque.

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Il grande sviluppo del turismo si ebbe a partire dal Miracolo Economico degli Anni Sessanta e dall'affermarsi della società dei consumi.
Fu costruito il porto turistico e valorizzato il lungomare con gli alberghi e gli stabilimenti balneari.
A fianco di Cervia sorsero Milano Marittima, per la villeggiatura dei più ricchi, e Pinarella, per le vacanze dei meno ricchi.
Il confine tra la Contea di Cervia e quella di Cesenatico assunse il nome di Tagliata e presso quel limite sorse un campeggio.

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Ma ciò che interessa a questa narrazione è il rapporto tra la Contea di Cervia e quella di Casemurate, che fu sempre strettissimo, dal momento che la strada principale che attraversava il borgo casemuratense era proprio la Cervese, che fungeva da collegamento tra Forlì e Cervia.
L'obiettivo di stabilire un collegamento tra le due Contee era uno dei progetti a cui Ettore Ricci teneva di più, specie dopo l'acquisto dei terreni cervesi che erano appartenuti a Priamo Conti.
Su quei terreni c'era una vecchia casa che Ettore Ricci aveva dato in affitto o, come direbbero i laureati in giurisprudenza, in "locazione", tranne per alcuni periodi in cui i suoi nipoti trascorrevano lì un mese tra metà luglio e metà agosto.
Nei primi anni '80 però l'inflazione aveva raggiunto il 21% e l'investimento immobiliare era tornato conveniente, per questa ragione Ettore Ricci fece buttar giù la casa vecchia, divise il terreno in tre parti e fece costruire tre nuove case, che sarebbero spettate in eredità alle tre figlie.
La costruzione delle tre case fu terminata nell'autunno del 1983 e dunque a partire dal 1984, il legame con Cervia divenne molto più stretto, perché il periodo di permanenza, durante l'estate, diventava spesso lungo fino anche a due mesi.
Nel periodo aureo della sua infanzia, intorno ai 10 anni, Riccardo Monterovere, nipote di Ettore Ricci, trascorreva l'estate in questo modo: due settimane in campagna dai nonni, due settimane in montagna coi genitori e i cugini e due mesi a Cervia, con tutto il clan allargato dei Ricci-Orsini-Monterovere.
Ettore Ricci andava molto fiero di questo suo successo e non esitava a paragonarlo al Kennedy Compound di Hyannis Port, sfidando la sorte, dal momento che qualsiasi cosa riguardasse i Kennedy portava una sfortuna tremenda.
A sua moglie Diana che lo implorava di tacere, Ettore rispose:
<<Io dico pane al pane e vino al vino. Chi tace mi spaventa. E guarda che non è facile spaventarmi. Ma chi tace, lo ripeto, mi spaventa, perché mi fa immaginare che abbia qualcosa di brutto da nascondere
E poi va detto che tacere non è, come credono alcuni, una vittoria del sapiente sull'ignorante. 
No, è una vittoria dell'omertà e dell'omissione di soccorso di chi preferisce voltarsi dall'altra parte, con atteggiamento di superiorità, illudendosi così di essere al sicuro nel proprio menefreghismo>>

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Su questo e su molte altre cose aveva ragione, anche se forse il Dalai Lama e qualche altra "anima bella" non sarebbero stati d'accordo.
Non furono le parole a creare problemi a Ettore Ricci, bensì le azioni dettate da una certa megalomania tipica di chi, non contento di vincere, tende sempre a voler stravincere, rischiando così di rovinare tutto.
Le stesse doti che gli permettevano di avere successo nella vita erano poi quelle che gli creavano dei problemi e lo mettevano nei guai.
Nello specifico, aveva preso la decisione irremovibile di costruire le tre case su una collinetta rialzata artificiale.
Tutto questo per dare l'idea che quelle tre case dominassero il panorama.
La collina fu creata portando terra argillosa da Casemurate, in un punto dove poi nacque un lago, a cui tanto si affezionò Diana Orsini.
Questo ammasso di terra era sopraelevato, nella parte esterna più bassa, di almeno due metri rispetto ai vicini, che si trovarono improvvisamente coperti da un'ombra perenne.
Ne nacque una contesa incresciosa, in particolare con un certo signor Mario, un anziano che in precedenza aveva fatto da giardiniere e ortolano nello stesso terreno di Ettore.
Fu il signor Mario a portare avanti la denuncia contro Ettore Ricci per abuso edilizio, una causa che si protrasse per vent'anni e finì con una multa stratosferica che causò un durissimo colpo al già traballante impero del "Conte" di Casemurate e Cervia.

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